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Troppi Etf e index fund nei portafogli degli istituzionali

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Quattro investitori istituzionali su cinque ritengono che l'attuale contesto di mercato favorisca un approccio attivo alla gestione del portafoglio. È quanto emerge dall'ultima indagine di Natixis Investment Managers secondo cui gli investitori istituzionali a livello globale sono preoccupati per l’impatto degli strumenti passivi sul rischio sistemico. Due terzi degli intervistati (62%), infatti, ritengono che la popolarità degli investimenti passivi abbia aumentato il rischio sistemico, mentre il 61% ha evidenziato che i flussi verso le strategie passive hanno artificialmente soppresso la volatilità.

Più della metà (52%) degli investitori istituzionali ritiene che gli investimenti passivi abbiano distorto i prezzi relativi delle azioni e il trade-off rischio/rendimento. In questo contesto, gli investitori stanno anche rallentando il ritmo con cui prevedono di aumentare la propria esposizione alle strategie passive, con le istituzioni che sembrano aver trovato il punto di forza nelle allocazioni. Interrogati sulle allocazioni nel 2015, gli investitori istituzionali avevano previsto di aumentare le partecipazioni passive fino al 43% entro tre anni, ma nel 2018 gli intervistati non hanno dato alcuna indicazione di voler apportare modifiche significative alla loro attuale allocazione al 70% attiva e al 30% passiva entro i prossimi tre anni.

Anche gli investitori istituzionali stanno esprimendo una preferenza per la gestione attiva al fine di anticipare la volatilità dei mercati prevista per il 2019, con quattro su cinque (80%) che prevedono un aumento della volatilità dei mercati nel corso del prossimo anno. La stessa percentuale (79%) suggerisce che l'attuale contesto di mercato favorirà la gestione attiva dei portafogli, una risposta simile (78%) a quella fornita per il 2018. Gli investitori rimangono ottimisti sui rendimenti, ma hanno leggermente abbassato l'ipotesi di rendimento medio annuo al 6,7%, a fronte del 7,2% del 2017.

"Gli investitori istituzionali sembrano aver trovato la loro allocazione ottimale tra attivi e passivi, e ora stiamo iniziando a vedere un rallentamento nella crescita dell'allocazione ai passivi. La nostra indagine mostra che ciò coincide con la preoccupazione degli investitori per l'impatto che i passivi potrebbero avere sull'infrastruttura del mercato e sui rendimenti degli investimenti" spiega Antonio Bottillo (nella foto), managing director di Natixis Investment Managers Italia. "Crediamo che nel tempo le strategie passive porteranno un eccessivo rischio di concentrazione, che potrebbe portare a un rischio sistemico e metterle alla prova quando si verificherà la prossima recessione del mercato”.


La rete di CheBanca! raggiunge quota 280

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Con oltre 30 nuovi ingressi negli ultimi due mesi la rete dei consulenti finanziari CheBanca! chiude l'anno raggiungendo la quota di 280 professionisti. Da inizio anno sono 130 i professionisti che hanno scelto di entrare a far parte del progetto guidato dal direttore centrale Duccio Marconi (nella foto). "Puntiamo a crescere ulteriormente anche grazie a nuovi progetti strategici che lanceremo a inizio 2019, come il segmento Private all’interno della rete dei Financial Advisor e il lancio delle Gestioni Patrimoniali di Mediobanca SGR" commenta Duccio Marconi, direttore centrale CF di CheBanca!. 

Tra i nuovi ingressi segnaliamo: in Lombardia, a Saronno (VA) Gianluca D’Amico (41 anni), proveniente da BPM; a Lodi, da Fideuram, Alessandro Ambrosiani (51 anni); novità anche per il capoluogo lombardo con Alessio Giacchetti (45 anni) ex Deutsche Bank e per la città di Brescia con Carlo Pietrobelli (54 anni) ex Fineco. Sempre su Brescia è entrato anche Mauro Antonioli , ex Deutsche Bank, professionista con una pluriennale esperienza nel settore della consulenza finanziaria e che assume l’incarico di Coordinatore Sviluppo Rete CF. In Veneto, a Treviso, entra Giovanni Narduzzo proveniente da Fineco.

Si rafforza anche la Toscana: ad Arezzo, con Andrea Tenti (50 anni) ex Azimut e con quattro nuovi professionisti provenienti da Fineco: Andrea Miliani (62 anni), Lucio Burroni (49 anni), Duccio Pela (55 anni) e Paolo Calzini (48 anni), quest’ultimo su Bibbiena. Sulla piazza di Pisa entrano invece Vincenzo Alessandro Gerace (49 anni) e Alessandro Dell’Unto (59 anni) provenienti da Widiba. E ancora, a Pontedera – da Fineco - Antonella Giannoni (61 anni) e Manuela Corsi (45 anni). Da Fineco fanno il loro ingresso: a Grosseto, Giovanni Marcoaldi (60 anni), Lorenzo Astore (53 anni), Veronica Spolzino (40 anni) e Michele Piergentili (33 anni), mentre a Livorno Roberto Formichi (61 anni).

Si segnalano nuovi professionisti anche nel Lazio. Nella Capitale entrano infatti da Deutsche Bank: il group manager Gaetano De Simone ( 42 anni), Vincenzo De Ficchy (55 anni), Antonio Faraca (55 anni), Domenico Pulitanò e Alessandro Totti . Il piano di reclutamento della rete dei CF CheBanca! prosegue anche nel Sud Italia: in Campania, a Napoli, entrano Maurizio Cardea (55 anni) proveniente da Banca Euromobiliare e Giuseppe Maria Febbraro (42 anni) ex Banco di Napoli. In Calabria, a Cosenza , entra da San Paolo Invest Giuseppe Pettinato (40 anni). Infine in Sicilia entrano: da Credem, Letizia Natoli (44 anni) a Catania e Michele Benfari (49 anni) sulla piazza di Sciacca; mentre da Fineco arriva Sergio Spedito (59 anni) su Palermo. 

Come cambiano i servizi di investimento dopo MiFID II

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A un anno dall'entrata in vigore di MiFID II, arriva un volume che esamina in maniera completa la disciplina dei servizi e delle attività di investimento, approfondendo con particolare dettaglio gli aspetti operativi e le relative implicazioni giuridiche, nonché gli orientamenti della giurisprudenza ad oggi disponibili.

 

Luigi Gaffuri e Stefano Belleggia muovono dall'ambito di applicazione della MIFID II e analizzano tutti i profili di maggior rilievo, al fine di illustrare il nuovo quadro disciplinare UE.

L'opera, suddivisa in 21 capitoli, rappresenta uno strumento di supporto aggiornato e approfondito, per gli avvocati, gli operatori del settore finanziario e per gli stessi intermediari ed investitori.

Azioni: cosa ci aspetta dopo un 2018 sull'ottovolante

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Cosa ci attende dopo il 2018? Verso la fine del 2017, diversi esperti dei mercati finanziari avevano previsto che il 2018 sarebbe stato "l’anno dell’Europa" e che le Borse europee presentavano un enorme potenziale di crescita. Oggi sappiamo che non è andata proprio così, basti pensare alla Brexit, all’Italia, alle azioni tedesche percepite come warrant sulla Cina. E a fine 2017 c’erano anche parecchi osservatori che si aspettavano una crisi negli USA, mentre si è avverato l’esatto contrario. Dunque dove puntare il prossimo anno: negli USA, in Cina o in Europa?

Secondo Philipp Vorndrann (nella foto), capital market strategist di Flossbach Von Storch, per gli investitori nel 2019 si tratta di capire dove potranno acquistare asset di qualità a prezzi ragionevoli in futuro. E invita ad adottare un'ottica di lungo termine. "Quest’anno - spiega - le fasi a dente di sega ci hanno creato parecchi grattacapi: un consolidamento dei mercati dopo un lungo periodo di rialzi, il ritorno della volatilità, la normalizzazione delle fluttuazioni sui mercati. Tutti fenomeni tipici di un mercato che alla fine deve pur metabolizzare un forte rialzo. Ed è proprio ciò che è accaduto nel 2018, rendendo nervosi molti investitori".

Vorndrann ricorda che l’indice FvS Investor Sentiment di Flossbach von Storch registra un clima di crescente nervosismo: la quota azionaria media, che a ottobre era pari al 58,5%, si è ridotta progressivamente fino a fine novembre attestandosi al 53,8%, il livello più basso dal mese di febbraio 2017. Dando uno sguardo agli USA, si direbbe che anche qui le file degli "orsi" si stiano infoltendo poiché la quota azionaria diminuisce. Due segnali di un crack alle porte? "In realtà suggeriamo di considerare con molta cautela questa interpretazione. L’indagine sul sentiment degli investitori condotta dall’American Association of Individual Investors tra gli investitori statunitensi racconta uno scenario un po’ diverso da quello di una quota azionaria in declino: oggi la quota azionaria media degli investitori USA si attesta intorno al 70% e supera la media di lungo periodo, pari a circa il 61%, da ben 67 mesi consecutivi. Riteniamo dunque che gli investitori statunitensi stiano diventando più scettici, ma le loro quote azionarie rimangono elevate" spiega l'esperto.

Perché? "Per rispondere a questa domanda dobbiamo tornare col pensiero ai mercati finanziari di una decina d’anni fa: all’epoca, per reagire ai movimenti di mercato, i gestori di portafoglio potevano spostare rapidamente gli investimenti dalle azioni alle obbligazioni alla liquidità e ottenere rendimenti globali soddisfacenti. Ma oggi non è più così: i tassi bassi impediscono di ottenere con facilità, con un portafoglio di titoli di Stato convenzionale, un reddito soddisfacente che possa sostituire i rendimenti azionari. Oggi gli investimenti azionari in portafoglio rivestono una funzione strategica fondamentale, molto più determinante rispetto ad allora proprio perché ormai mancano alternative adeguate sul mercato obbligazionario" conclude l'esperto.

Pictet AM: il fondo Megatrend compie 10 anni

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A 10 anni dal lancio il fondo Pictet-Global Megatrend Selection ha oggi raggiunto tre importanti traguardi: una performance annualizzata di oltre il +10% dal lancio, oltre 7 miliardi di dollari di masse in gestione e 10 strategie secolari e globali sottostanti in cui investire. Da dicembre, infatti, anche il Pictet – SmartCity, l’ultimo fondo tematico lanciato da Pictet AM, è entrato a far parte del portafoglio del comparto, portando così a dieci le strategie tematiche sottostanti.

Le 10 strategie tematiche attive im cui investe il fondo sono: Water, Timber, Clean Energy, Security, Digital, Health, Nutrition, Robotics, Premium Brands e SmartCity. Ogni strategia tematica è sostenuta da diversi megatrend, che collettivamente generano fonti prevedibili di valore, crescita e margini di profitto: le società che più rapidamente sono in grado di reagire ed adattarsi a tali importanti trend di lungo periodo saranno anche quelle con maggiori performance future. Il gestore del fondo Pictet-Global Megatrend Selection è Hans Peter Portner. 

"In un contesto di accresciuta incertezza e volatilità nei mercati, diventa sempre più importante concentrarsi sui megatrend, ossia su quelle forze e tendenze strutturali che modellano e trasformano il mondo nel lungo periodo e che rappresentano quindi opportunità interessanti per gli investitori di oggi. Il Global Megatrend Selection è una perfetta sintesi di questi temi secolari che ci permettono di trarre vantaggio dai cambiamenti in atto a livello globale di natura geopolitica, ambientale, economica, sociale e demografica" commenta Paolo Paschetta, country head per l’Italia di Pictet AM.

Azimut acquista P&G SGR

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Azimut Holding rafforza la sua presenza negli investimenti alternativi con l'acqsuito di P&G SGR, boutique fondata nel 2005 da Luca Peviani e Fabiana Gambarota e attiva nel segmento del credito strutturato e delle ABS. In particolare, il gruppo, presieduto da Pietro Giuliani, ha annunciato la sottoscrizione di un contratto preliminare d'acquisto del ramo d'azienda di P&G SGR, tramite la controllata CGM Italia SGR, riferito principalmente alla gestione di fondi UCITS e di OICR alternativi non riservati. Le attività di P&G non oggetto della cessione del ramo d’azienda, che comprendono principalmente attività immobiliari, proseguiranno invece in capo alla medesima P&G SGR.

P&G collabora con il gruppo Azimut fin dal 2016, con il primo progetto avviato congiuntamente nella forma di un fondo lussemburghese con delega di gestione in favore a P&G (AZ ABS), che è stato avviato nel gennaio 2017 ed ha raggiunto masse di oltre 600 milioni di euro. In seguito a questa prima iniziativa, Azimut e P&G hanno definito un nuovo ambito di collaborazione nel segmento dei fondi retail con lo studio ed il lancio del fondo Azimut Private Debt. Il perimetro dell’acquisto del ramo d’azienda include quindi il fondo UCITS “AZ Multi Asset – ABS”, e il FIA mobiliare di tipo chiuso non riservato “Azimut Private Debt”.

Per effetto dell’acquisto del ramo d’azienda, tutte le attività, i rapporti e i contratti oggetto del trasferimento saranno interamente ricompresi nel perimetro del gruppo Azimut. "L'operazione, che si realizzerà subordinatamente all’ottenimento delle autorizzazioni di legge, contempla la prosecuzione, in seno a CGM del rapporto con i soci fondatori di P&G. Il gruppo Azimut potrà così avvalersi delle specifiche competenze e professionalità degli stessi, a beneficio della propria clientela, sia per la gestione dei prodotti già in essere, sia per lo sviluppo di nuovi prodotti in futuro" si legge in una nota.

"Grazie a questa operazione allarghiamo ulteriormente le nostre capacità di gestione in dei segmenti di nicchia ad alto valore aggiunto. Fabiana e Luca sono dei professionisti di primissimo standing coi quali lavoreremo insieme per sviluppare altri prodotti innovativi nel prossimo futuro. Questa operazione si colloca nel perimetro di Azimut Libera impresa ed è solo un ulteriore passo per la costruzione di una realtà a forte componente italiana, attrattiva per i migliori talenti presenti sul mercato" commenta Pietro Giuliani, presidente di Azimut.

Invesco rafforza il team dedicato agli Etf

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Invesco amplia il team dedicato agli Etf con l’ingresso di Franco Rossetti (nella foto) in qualità di Etf Senior Relationship Manager. All’interno di un contesto di costante crescita e di sviluppo del mercato degli Etf in Italia, Rossetti avrà il compito di rafforzare le relazioni con i clienti esistenti, e allo stesso tempo ampliare e sviluppare la base clienti sulle strategie passive, con riferimento in particolare agli investitori istituzionali e wholesales.

Rossetti vanta oltre vent’anni di esperienza nell’industria del risparmio gestito, sia a livello nazionale che internazionale, all’interno della quale negli ultimi dieci anni ha maturato un’importante esperienza sul comparto degli Etf. Prima di entrare in Invesco, Rossetti ha ricoperto ruoli di rilievo presso Unicredit Corporate Investment Bank e JP Morgan Securities. È stato inoltre co-fondatore di ETFCoreFund. "Il mercato degli ETF ha assistito negli ultimi anni a una crescita esponenziale e anche gli investitori italiani stanno dimostrando un crescente interesse per questi strumenti di investimento, per questo nel 2018 Invesco ha potenziato la propria offerta ETF, con il lancio di numerose soluzioni di investimento, spesso uniche nel loro genere" afferma Giuliano D’Acunti, responsabile commericale di Invesco per l’Italia.

"La continua ricerca da parte degli investitori di soluzioni in grado di diversificare e rendere efficienti i loro portafogli, impongono un innalzamento della qualità del servizio offerto, nonché una maggiore prossimità ai clienti al fine di rispondere in modo concreto e veloce alle loro necessità. Ed è proprio dalla volontà di continuare a rispondere in modo efficace ed efficiente ai clienti - conclude D’Acunti - che nasce la decisione di potenziare ulteriormente il team sugli Etf in Italia con la professionalità di Franco Rossetti”.

Brexit: arriva il richiamo dell'ESMA per le SGR

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Gli intermediari attivi nella prestazione dei servizi d'investimento dovranno fornire alla propria clientela le informazioni relative alle implicazioni che l'uscita del Regno Unito dall'Unione europea può avere per le relazioni con i clienti stessi. La richiesta è dell'Esma, l'autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati, che ha altresì richiamato gli intermediari ad informare la clientela sulle misure correlate alla Brexit che gli operatori hanno adottato o intendono adottare.

La "dichiarazione" è rivolta sia agli intermediari con sede nel Regno Unito che prestano servizi d'investimento negli altri Stati europei (EU27) sia agli intermediari istituiti negli Stati dell'EU27 che operano con clienti nel Regno Unito. In particolare, l'Esma evidenzia che "al fine di evitare potenziali disagi alla clientela derivanti dalla poca chiarezza delle notizie disponibili, gli intermediari interessati dalla Brexit devono assicurarsi di fornire informazioni chiare ai clienti che potrebbero subire degli impatti a livello contrattuale e/o di servizio".

Le informazioni devono essere veicolate al più presto possibile, non appena disponibili, e devono riguardare almeno le seguenti aree: 1) l'impatto dell'uscita del Regno Unito per l'intermediario e per il business svolto e le correlate implicazioni sul rapporto tra l'intermediario medesimo e i clienti; 2) le azioni che l'intermediario sta adottando, quali ad esempio le misure di carattere organizzativo, per gestire le richieste di chiarimento dei clienti; 3) le implicazioni per i clienti delle eventuali ristrutturazioni/riorganizzazioni aziendali e, in particolare, le eventuali significative modifiche dei termini contrattuali; gli specifici diritti dei clienti, derivanti dalla normativa o dai contratti, in tali circostanze, ivi incluso, il diritto di cancellazione del contratto, ovvero il diritto di fare ricorso, qualora applicabile.

L'autorità europea e le autorità nazionali competenti per la vigilanza sulla prestazione dei servizi d'investimento continueranno a monitorare gli sviluppi di tale evento, anche mediante l'interazione con gli intermediari interessati, al fine di valutare il grado di preparazione dei medesimi alla Brexit e di assicurare che la clientela possa ricevere un'informativa adeguata.


Rallentamento ma senza recessione, il 2019 della stabilizzazione

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La confusione che ha caratterizzato gli ultimi mesi del 2018 è destinata a placarsi all'inizio del prossimo anno. I dati macro che verranno pubblicati infatti  che evidenzieranno un'espansione economica sia a livello mondiale che regionale (Europa e USA). Gli operatori, infatti, sono passati dal delineare uno scenario di crescita forte, a ipotizzare una recessione, mentre appare più plausibile una fase anche molto lunga di leggero rallentamento o consolidamento della crescita in corso

 

Secondo l'analisi del team investimenti di Pramerica SGR evidenzia come i fattori politici hanno inciso in maniera significativa sui mercati finanziari. Dalle prossime settimane si distenderanno le relazioni tra USA e Cina e anche tra Bruxelles e Roma. 

 

Lo scenario centrale, perciò, resta quello di un rallentamento e non di una recessione imminente. L’elemento importante è dato dal fatto che, nonostante questa fase di rallentamento, l’economia appare in grado di generare inflazione e ciò costituisce un fattore di estrema importanza per i Paesi caratterizzati da un elevato debito pubblico.

 

"Nelle ultime settimane diverse asset class hanno raggiunto livelli di prezzo compatibili con uno scenario recessivo; appare plausibile un recupero che ridimensioni in maniera significativa quei movimenti che sono andati oltre la reale valenza del quadro macro" secondo il team.

Nello specificio, andando a guardare l'azionario, questa pare l'asset class maggiormente toccata dai timori di recessione e di conseguenza dovrebbe beneficiare maggiormente della presa d’atto da parte degli investitori che la prospettiva macro si limita a un rallentamento.

 

Relativamente ai governativi italiani, l’idea implementata nei portafogli è stata quella di accumulare posizioni sulla debolezza dell’asset class, nella convinzione che il prezzo si fosse allontanato troppo dai valori fondamentali. Nelle scorse settimane lo spread ha superato abbondantemente il livello di 300 punti base ma attualmente è tornato sotto questa soglia. In questo senso il BTP sta probabilmente terminando la fase di riduzione dei rendimenti. Il prossimo miglioramento in termini di spread deriverà probabilmente dal rialzo dei rendimenti del Bund.

 

In conclusione, spiegano gli esperti di Pramerica, il 2018 appare un anno di transizione verso una situazione in cui la crescita si va stabilizzando senza mostrare frenate recessive. Questo mutamento di scenario ha generato delle incertezze negli investitori e delle difficoltà a interpretare esattamente il cambiamento stesso, provocando dei disallineamenti di prezzo anche significativi. Molto probabilmente, il 2018 andrà letto insieme al 2019 come il biennio nel quale alcune asset class devono essere prezzate in funzione di una stabilizzazione e non più di un’accelerazione della crescita economica e, allo stesso modo, altre asset class devono essere prezzate in termini di stabilizzazione e non di recessione.

 

Giappone, la minaccia viene dall'esterno

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L’economia giapponese sta migliorando gradualmente in un contesto politico domestico stabile: tuttavia, alcuni rischi esterni e le tensioni commerciali potrebbero continuare ad influenzare il sentiment degli investitori nel 2019.

 

Ken Maeda, head of japanese equities, Schroders analizza l'andamento della BoJ, definendo la politica monetaria del Governatore Kuroda come aggressiva. "Queste mosse possono anche essere interpretate come portatrici di elementi di tapering rispetto alla posizione molto accomodante dell’Istituto centrale. Un altro elemento di stabilità consiste nel fatto che il Primo Ministro Abe, dopo la vittoria del Partito Liberal Democratico alle elezioni dell’ottobre 2017 e dopo essere stato rieletto leader dello stesso partito lo scorso settembre, è ora in grado di proseguire il proprio mandato fino al 2021". 

 

Il Governo inoltre ha confermato l'aumento dell'IVA a ottobre del prossimo anno, "oltre a una serie di esenzioni dalla nuova aliquota più elevata, il Governo sta anche pianificando una serie di misure di stimolo volte ad attenuare la portata della dislocazione economica, verificatasi in occasione dei precedenti round di incremento delle imposte. Ad ora, non è chiaro quale potrebbe essere l’impatto sull’economia al netto di questi provvedimenti" spiega Maeda. 

 

Come detto all'inizio, nel Paese è in corso un miglioramento graduale e continuo delle condizioni economiche domestiche. E secondo l'analisi dell'esperto di  Schroders: "Il mercato del lavoro sta migliorando in modo costante, mantenendo una pressione al rialzo sui salari. L’aumento dei tassi di partecipazione ha compensato in una certa misura i noti problemi demografici del Giappone: questo aspetto, che continua ad essere poco riconosciuto, costituisce uno dei principali successi delle politiche del governo. Sebbene questo particolare trend possa raggiungere presto il picco fisiologico, la rigidità del mercato del lavoro può sostenere la recente pressione al rialzo sui salari".

 

All'estero comunque gli investitori continuano ad essere titubanti e avere perplessità. "La conseguenza è che non si sono ancora visti gli effetti del miglioramento della visibilità sugli utili aziendali, e la recente battuta di arresto del mercato ha portato ad un ulteriore de-rating delle valutazioni" spiega l'esperto e conclude "il modesto aumento dell’inflazione e dei salari comporterà maggiori costi; tuttavia, gli utili societari stanno reagendo in modo positivo al miglioramento delle condizioni domestiche, con le aziende che cominciano a recuperare parte del proprio pricing power dopo quasi due decenni di deflazione". 

 

Nordea AM, un fondo con Madrague Capital Partners

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Nordea Asset Management annuncia il lancio del fondo Nordea – European Long/Short Equity Fund. Il fondo è caratterizzato da una strategia liquid alternative pensata per rispondere ai bisogni degli investitori alla ricerca di rendimenti superiori a quelli offerti dalle tradizionali soluzioni di investimento nel reddito fisso, con una volatilità inferiore rispetto ai fondi azionari long-only.

Madrague Capital Partners, società di investimento con base a Stoccolma e detenuta per il 40% da Nordea Asset Management Holding, gestirà il fondo. “Siamo entusiasti del lancio del nostro primo fondo in collaborazione con Nordea”, dichiara Lars Franstedt, cio/portfolio manager di Madrague Capital Partners. “Riteniamo che il profilo di investimento di Madrague sia un buon complemento all’offerta esistente nelle piattaforme Nordea. Madrague è pienamente impegnata nell’offrire un giusto ritorno ponderato per il rischio a tutti i suoi investitori”. Il team di investimento si compone di cinque membri, inclusi i fondatori, che lavorano insieme fin dalla nascita della società nel 2012. Il team si focalizza sulla gestione del rischio facendo leva sulla vasta esperienza maturata in ambito alternative, con lo scopo di proteggere il portafoglio da improvvise correzioni del mercato.

 

"Dopo l’annuncio dell’avvio della nostra partnership con Madrague all’inizio dell’anno, siamo molto felici di lanciare il nostro primo prodotto con loro. Questa collaborazione, insieme a questa nuova strategia, ci ha aiutato a rafforzare la nostra offerta nel campo degli investimenti alternativi”, commenta Nils Bolmstrand, ceo di Nordea AM. Come risultato dell’impegno di Nordea AM nel cercare sempre l’eccellenza e del suo solido track record nel cooperare con le maggiori boutique di investimento interne ed esterne, questa partnership sarà solo l’inizio di una nuova ed esaltante era per le soluzioni alternative.

 

Allegri (Ambrosetti AM SIM): "Non ci sarà un contesto univoco per i mercati"

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"Nonostante un quadro macroeconomico immutato sono venute  a mancare reazioni significative dei mercati azionari ed il quadro iniziale per il 2019 vede dunque un decadimento progressivo dei potenziali di crescita nei trimestri a venire. Questo soprattutto su quello che ad oggi è risultato il mercato leader, ovvero gli Stati Uniti, arrivato oramai al culmine di un ciclo economico che ha permesso una significativa crescita negli ultimi 10 anni". Questa l'analisi di Alessandro Allegri (nella foto), amministratore delegato di Ambrosetti AM SIM. 

 

Secondo l'a.d. il quadro per l’area Euro e il Giappone è invece decisamente diverso, la politica monetaria resta accomodante e il ciclo economico è in fase di sviluppo "ma, proprio questo ritardo nella crescita presuppone il mantenimento di fragilità strutturali che rallentano i flussi in acquisto da parte degli operatori. Difficile quindi pensare ad un contesto univoco per i vari mercati, soprattutto per quelli emergenti e questo richiederà significative capacità di selezione per identificare gli investimenti che presentano i migliori profili di rendimento-rischio".

 

Il fronte obbligazionario, come spiega Allegri, non è di suppporto al contesto: "La dinamica tassi in America resta al rialzo, sebbene con una progressività difficilmente stimabile oggi e strettamente legata ai dati di inflazione e agli indici di crescita del mondo del lavoro. Non sarà dunque facile ritrovare i rendimenti sicuri delle obbligazioni governative a cui ci siamo abituati negli ultimi anni e anche in questo caso gli investitori non potranno accedere a buoni risultati se non accettando un proporzionale aumento del rischio".

 

Anche le materie prime restano sotto pressione, soprattutto sul lato petrolio con margini di oscillazione delle quotazioni ancora ampi nonostante la recente profonda discesa. Più stabili gli equilibri valutari, le oscillazioni negli scorsi trimestri sono rimaste contenute rispetto alle abitudini storiche e dovrebbero garantire il mantenimento di stabilità anche nella prima parte del 2019, conclude l'analisi Allegri. 

Allianz Bank FA: raccolta in crescita anche nel 2018

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Allianz Bank Financial Advisors, la banca rete del gruppo Allianz in Italia, guidata dall’amministratore delegato Paola Pietrafesa (nella foto), si appresta a chiudere il 2018 con flussi netti attesi superiori ai 3 miliardi di euro. È quanto si legge in una nota della banca in cui si ricorda che il tasso di crescita rapportato alle masse si è attestato vicino all’8% superando la media del settore, sostenuto in particolare dal contributo della rete in force, che ha consentito ad Allianz Bank FA di posizionarsi sul podio in termini di raccolta di risparmio gestito e prodotti Vita unit-linked. 

Il 2018 è stato segnato dalla continua innovazione dell’offerta di prodotti e servizi, dal lancio di Allianz Wealth Protection, il nuovo modello di servizio che coniuga le caratteristiche del wealth management alle esigenze di protezione tipiche della clientela HNWI, dall’avvio dell’Allianz Bank Business School e da un’innovativa e diversificata gamma di strumenti e servizi a supporto della rete per migliorare e sviluppare ulteriormente il proprio network clienti.

"La fedeltà al nostro modello di consulenza evoluta fondato sulla centralità della relazione con il cliente, insieme alla nostra capacità di adattarci alle sfide dell’industria, ci hanno consentito di preservare la fiducia dei clienti nei momenti più incerti e complessi del mercato e di attrarre professionisti di valore" ha commentato Mario Ruta, direttore commerciale di Allianz Bank FA. La rete dei financial advisors di Allianz Bank è stata potenziata con l’inserimento di nuovi professionisti, più di 100 nuove risorse da inizio anno. "Il lancio di Allianz Wealth Protection ha avvicinato ancora di più professionisti abituati a servire clienti di alto valore, portatori di esigenze evolute cui indirizziamo una ricca e diversificata offerta di servizi e prodotti, non solo legati agli investimenti, ma anche alla protezione del capitale secondo un modello di servizio olistico e multidisciplinare" ha concluso Mario Ruta.

Consulenza finanziaria, tutti i clienti sono "nativi digitali"

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Per anni abbiamo sentito parlare dei “Millennials” come della prima generazione “digitale”. Per anni abbiamo letto di ricerche che invitavano le società del consulenza finanziaria (e non solo) a investire nello sviluppo tecnologico per raggiungere meglio questo “nuovo” target. Oggi queste certezze cadono e, grazie ad un’analisi condotta dalla società di consulenza Scorpio Partnership, scopriamo che “il mondo digitale non esiste più”. Chiedere ad un Millennials quanto tempo spende su Internet non ha più senso, equivale a  chiedersi quanto tempo trascorriamo ogni giorno con l’elettricità. Questa è l’analogia suggerita dalla società di consulenza e ricerca inglese che da 20 anni supporta le aziende attive nel settore del private banking internazionale. 

 

Ma gli esperti di Scorpio Partnership si spingono oltre e abbattono, con i numeri, le barriere che finora separavano nello studio delle strategie aziendali il target dei Millennials dagli altri High Net Worth Individual (HNWI): da un lato, i dati relativi ai comportamenti della popolazione americana confermano che praticamente tutti i soggetti nati tra il 1980 e il 2000 sono costantemente connessi, dall’altro, anche le altre generazioni si rivelano sempre più “digitali”. In particolare, nella fascia di età compresa tra i 50 e i 64 anni la percentuale di soggetti “attivi” sul fronte digitale è oggi pari all’87% e quando si superano i 65 anni questa percentuale rimane comunque vicina ai settanta punti percentuali (66%). 

 

E non è tutto. La ricerca condotta da Scorpio Partnership rivela che in media un HNWI, indipendentemente dall’età, possiede quattro dispositivi elettronici e trascorre oltre 48 ore alla settimana online per gestire i propri affari. Da qui la necessità di rivedere le strategie di sviluppo del business della consulenza finanziaria mettendo al centro l’evoluzione “digitale” della relazione consulente-cliente. Un’evoluzione che, però, non riguarda più soltanto i nati tra il 1980 e il 2000 perché, dati alla mano, quando si parla di “digitale” ormai siamo tutti Millennials: nei prossimi cinque anni, infatti, circa il 77% degli HNWI si prepara a gestire il proprio patrimonio affidandosi a strumenti e servizi fruibili grazie alle più moderne tecnologie. Percentuale che sale al 92% quando il patrimonio supera i 4 milioni di dollari. 

Colpaccio di CheBanca!: entra Ferdinando Buonaccorsi

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Prosegue a ritmo incalzante il progetto di rafforzamento della rete dei consulenti finanziari CheBanca!, che oggi può contare su oltre 280 professionisti. Nel mese di dicembre, secondo quanto risulta ad AdvisorOnline.it, si segnala in particolare l’ingresso di quattro nuovi manager apicali, tutti con un’esperienza pluridecennale nel settore, a completamento della squadra coordinata dal direttore commerciale Alessio Guerriero. Eccoli: Ferdinando Buonaccorsi, Sabino Germinario, Carlo Maioli e Mauro Polirpo. Il loro inserimento permetterà di andare a presidiare in modo ancora più capillare aree strategiche e in forte crescita come Toscana, Piemonte e Triveneto.  

Ferdinando Buonaccorsi (nella foto), 59 anni, vanta oltre 35 anni di esperienza maturata in alcune delle principali realtà del settore come Fideuram, Finanza & Futuro e Widiba. In CheBanca! presidierà il Triveneto con il ruolo di area manager, oltre a collaborare con la direzione centrale alla creazione della Prestige Advisor Unit, la struttura a servizio dei Private Financial Advisor di CheBanca!, ovvero i consulenti con i portafogli più importanti ai quali verrà affiancato un team di supporto dedicato. 

Sabino Germinario, 53 anni, entra in CheBanca! come area manager del Piemonte: proviene da Fideuram dove ha lavorato negli ultimi 20 anni dopo una precedente esperienza decennale presso la Cassa di Risparmio di Torino. Novità anche nel Centro Italia con l’ingresso di due nuovi group manager: Carlo Maioli, 57 anni di cui 30 trascorsi con incarichi manageriali per importanti realtà come Fideuram e Fineco; Mauro Polirpo, 55 anni e un curriculum di oltre 20 anni trascorso nella consulenza finanziaria, prima in Azimut e poi in Fineco. Entrambi hanno scelto di entrare in CheBanca! a presidio della Toscana e delle sue province.

“Con questi importanti ingressi si rafforza ulteriormente la nostra struttura manageriale che completeremo nei prossimi mesi con l’inserimento di nuovi professionisti provenienti da alcune dalle principali realtà del settore"  ha commentato Duccio Marconi, direttore centrale Consulenti Finanziari di CheBanca!. "Il know how e le best practice apportati da ciascuno dei nostri manager permetterà di creare modello e una cultura nella gestione dei patrimoni d‘eccellenza in Italia, anche grazie alle sinergie all'interno del gruppo Mediobanca".


2018, la grande fuga dai fondi obbligazionari

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Dopo undici mesi l’industria del risparmio gestito italiano deve fare i conti con un saldo di raccolta netta positivo per soli 8,8 miliardi di euro, soprattutto dopo la frenata di novembre che si è chiuso con flussi negativi per oltre 4 miliardi. A frenare l’intero settore le gestioni i fondi aperti che hanno registrato a novembre 3,4 miliardi di deflussi portando il saldo di tutto il 2018 a +1,6 miliardi di euro. Le gestioni di portafoglio, invece, dopo i -757 milioni di deflussi di novembre registrano un saldo da inizio anno positivo per oltre 5,7 miliardi di euro. 

 

È questa la fotografia del 2018 che emerge dall’ultima mappa mensile firmata Assogestioni e relativi al mese di novembre. Una fotografia che conferma la grande fuga dai fondi obbligazionari che tra gennaio e novembre del 2018 hanno perso oltre 25 miliardi di euro. Positiva, invece la raccolta netta annuale dei prodotti flessibili e bilanciati che, da inizio anno, registrano rispettivamente flussi pari a 10 e 9,9 miliardi, nonostante il mese di novembre che ha visto i primi registrare deflussi per oltre 1,4 miliardi, e i secondi fermarsi a +122 milioni di euro.

 

Tra le società, l’undicesimo mese dell’anno, vede poche realtà registrare flussi positivi. Tra queste spiccano Anima Holding, con 131,7 milioni di raccolta netta, State Street Global Advisors, con 105 milioni, e Mediolanum con 98 milioni. Pesanti deflussi per le altre società, in particolare per Amundi (-790 milioni) e Intesa Sanpaolo (-679 milioni).

BNP Paribas, una nuova serie di Step-Down Cash Collect

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BNP Paribas ha annunciato il lancio di una nuova serie di Step-Down Cash Collect su singole azioni con premio potenziale mensile compreso tra lo 0,55% (6,6% p.a) e l’1,35% (16,2% p.a.), effetto Step-Down e durata triennale.

 

La nuova serie di Cash Collect consente di ottenere premi potenziali nelle date di valutazione mensili anche nel caso in cui l’azione sottostante abbia perso terreno, ma la sua quotazione sia pari o superiore al livello barriera (70%). Questi prodotti si caratterizzano inoltre per l’effetto Step-Down: a partire dal sesto mese di vita, infatti, i Certi­ficate scadono anticipatamente e rimborsano il valore nominale qualora, nelle date di valutazione mensili, il sottostante quoti a un valore pari o superiore al livello di rimborso anticipato. Il livello di rimborso anticipato è pari al 100% del valore iniziale del sottostante per i primi 6 mesi (dal sesto all’undicesimo mese di vita) e diminuisce poi del 5% ogni 6 mesi, fi­no ad arrivare all’80% del valore iniziale.

 

Se invece il certificato arriva a scadenza, fissata al 21 dicembre 2021, sono possibili due diversi scenari: se il sottostante quota sopra al livello barriera, il Certificate rimborsa il valore nominale e paga il premio; se il sottostante quota sotto il livello barriera, posto al 70% del valore iniziale, il Certificate paga un importo commisurato alla performance negativa del sottostante.

 

Ad esempio, lo Step-down Cash Collect su Telecom Italia pagherà un premio dello 0,70% se ad ogni data di valutazione il titolo si troverà al di sopra del prezzo barriera (0,39 €) e proseguirà la sua vita fino alla data di valutazione successiva. A partire dal sesto mese, qualora Telecom Italia quotasse al di sopra del livello di rimborso anticipato, il Certificate pagherà il premio e rimborserà anticipatamente anche il capitale inizialmente investito (nell’esempio, 100 € per Certificate).

 

Luca Comunian, head of distribution marketing & communication – gobal markets di BNP Paribas Corporate & Institutional Banking, ha commentato: “I Cash Collect Step Down sono la risposta di BNP Paribas alla richiesta degli investitori di un richiamo anticipato anche nel caso in cui il sottostante perda terreno. Sono frutto dell’innovazione di prodotto di BNP Paribas in un momento di mercato in cui la volatilità è particolarmente accentuata e abbiamo assistito a delle discese dei corsi azionari marcate”.

 

Le opportunità della fase "post-picco"

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Il 2019 si apre con forti cali dei mercati finanziari in una fase definitiva "post-picco". Secondo l'analisi di Larry Hatheway, capo economista di GAM Investments ciò accade, innanzitutto, perché le economie in fase di piena occupazione non possono crescere più velocemente di quanto stiano già facendo e, in secondo luogo, perché le pressioni sui costi delle imprese possono erodere i margini di utile. Il rallentamento della crescita, abbinato alla compressione dei margini, porta a un ridimensionamento delle prospettive di utile. Le economie in fase di piena occupazione in genere alimentano l’inflazione, con una conseguente normalizzazione della politica monetaria.

A soffrire maggiormente sono le azioni dei titoli tecnologici, Mark Hawtin, investment director settore azionario tecnologico di GAM Investments: "Crediamo sia particolarmente interessante investire dopo un picco. Le azioni tecnologiche in genere scendono più rapidamente e toccano il fondo prima di altri settori del mercato. Lo abbiamo notato durante la grande crisi finanziaria quando il settore tecnologico toccò il fondo ben cinque mesi prima del resto del mercato, che invece ci arrivò nel marzo 2009. Le fasi post-picco ci consentono infatti di incrementare l’investimento nei grandi titoli growth a prezzi alquanto convenienti, una volta che la situazione si è stabilizzata".

 

Niente paura però o perlomeno non così tanto, alcuni dei maggiori fattori negativi sono stati già scontati dal mercato. Jian Shi Cortesi, portfolio manager per l’azionario asiatico e cinese di GAM Investments afferma che: "I mercati azionari in Asia e in Cina hanno già manifestato una correzione del 25-35% rispetto al livello massimo. Se esaminiamo i singoli titoli, vediamo che alcuni sono scesi di oltre il 50%, mentre le azioni asiatiche scambiano a valutazioni inferiori del 40% rispetto alle azioni USA in termini del rapporto tra prezzo e valore contabile e tra prezzo e utili. Questo indica che sono già stati scontati parecchi fattori negativi. Credo pertanto che sia un buon momento per iniziare a pescare tra le azioni asiatiche sottovalutate".

Clunie (Jupiter AM): "Attenti a cosa desiderate per i mercati finanziari"

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"Stai attento a ciò che desideri, James mi ha detto il mio head of risk mentre una mattina stavamo discutendo del fondo Jupiter Global Absolute Return davanti alla macchinetta del caffè. Gli avevo detto che il nostro fondo avrebbe probabilmente beneficiato del calo dei prezzi delle azioni data la decorrelazione della sua performance rispetto ai mercati azionari. Il mio head of risk mi ha giustamente ricordato che mercati in calo sono, in generale, negativi per la comunità degli investitori. Naturalmente non stavo davvero sperando che i mercati virassero al ribasso, ma sapevo che il nostro fondo avrebbe resistito bene in questo scenario" cosi James Clunie, gestore del fondo Jupiter global absolute return, Jupiter AM.

"Cerchiamo di considerare molti scenari possibili. Anziché strutturare il fondo in base ad una qualche visione del mondo, acquistiamo, vendiamo e prendiamo posizioni corte sui titoli sulla base di un processo ragionevole, osserviamo i rischi che otteniamo a livello di portafoglio e poi proviamo a coprire il rischio di alcuni degli scenari più preoccupanti. In un certo senso, questo approccio è "disordinato". In effetti, non esprimiamo nessun desiderio specifico anche se di sicuro ci ritroviamo con un'esposizione a diversi scenari, come risultato del nostro stock-picking" prosegue l'esperto.

 

Attualmente, afferma Clunie il fondo potrebbe beneficiare di una transizione da titoli ''growth'' a ''value'', del passaggio da titoli US verso titoli extra-USA e di un generale calo dei prezzi delle azioni. "Guardando indietro ai cicli del mercato azionario, vediamo che le valutazioni dei titoli "growth" al momento sembrano eccessive rispetto a quelle dei "value" in termini storici; stesso discorso vale per le azioni a stelle e strisce rispetto a quelle del resto del mondo. Di conseguenza, riteniamo che i rischi che stiamo assumendo abbiano senso. Cerchiamo di non sperare in nessun particolare scenario, ma siamo molto impegnati ed estremamente interessati a vedere cosa succede nei mercati!" conclude l'esperto di Jupiter AM. 

Petrolio ancora giù ma si attendono i rialzi

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Il prezzo del brentè sceso intorno al 20% nel 2018 ed ha iniziato il 2019 con una performance negativa. Secondo l'analisi di WisdomTree si verificherà una correzione rialzista.

"L’OPEC ed i suoi partner ridurranno la produzione portandola a 1,2 milioni di barili al giorno, tagliando così l’estrazione in eccesso. Solo l’Arabia Saudita taglierà la produzione di quasi un milione di barili al giorno rispetto ai livelli di novembre 2018. L’OPEC dovrebbe pubblicare nuovamente le rispettive quote produttive di ciascun Paese membro. Il rispetto delle quote a livello di gruppo è venuto meno quando, nel giugno 2018, il cartello ha eliminato l'assegnazione di limiti produttivi ai singoli paesi. Il ripristino di tali quote dovrebbe portare ad un aumento del rispetto di quanto deciso collettivamente. I tre paesi che saranno esentati dai tagli - Iran, Venezuela e Libia - vedranno probabilmente la loro produzione diminuire comunque e quindi l’OPEC nel suo complesso potrebbe registrare un calo della produzione di oltre 1,2 milioni di barili" analizza Nitesh Shah, director of research di WisdomTree.

Infine la debolezza recente nei prezzi dovrebbe rallentare la crescita della produzione di shale statunitense – almeno fino a quando gli Stati Uniti non avranno costruito le infrastrutture adeguate per l’esportazione della produzione eccedente di petrolio.

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